[rating=5] La
scenografia scarnificata, spalancata sul “dietro le quinte” del teatro, accoglie
Lo zoo di vetro, l’opera che ha reso il suo autore
Tennessee Williams un puntino luminoso nella drammaturgia del Novecento. Il regista
Arturo Cirillo prende in mano la storia e la materializza in uno spettacolo cupo, grumoso, tuttavia rischiarato dalla splendida recitazione tragicomica degli attori del cast (tra cui proprio Arturo Cirillo), una su tutti la straordinaria
Milvia Marigliano.
Se lo spettacolo parte in sordina, a un tratto decolla. Lo zoo di vetro è uno schiaffo al viso: forte, incerto, è un vuoto a perdere, un tunnel senza fine. L’angosciosa situazione di una famiglia cristallizzata, incrinata, fragile come gli animaletti di vetro che colleziona il personaggio Laura (Monica Piseddu), suscita sensazioni fisiche e immaginarie, raggiungendo in pieno lo scopo del teatro.
Nell’interno di una casa sbrindellata la madre onnipotente si attacca in modo disperato al ricordo del marito, ubriacone scappato perché “innamorato delle distanze”, il figlio maggiore cova di arruolarsi nella marina per viaggiare e dimenticare, Laura ascolta a raffica musica d’altri tempi, terrorizzata dalle relazioni sociali. Lo stallo viene interrotto per un attimo dal bel Jim (il bravissimo
Edoardo Ribatto). Il cambiamento dura il tempo di un ballo, poi la luminaria muore nuovamente, le speranze tornano pallide nel loro cassetto chiuso a chiave, il cerchio si chiude e lo spettacolo finisce com’era cominciato, tra il fumo di sigarette del personaggio narrante.
Piccoli, giganti personaggi, si destreggiano in questo dramma dei ricordi, che non finirà mai di parlare agli spettatori futuri. Temperamento, grottesco, frastuono, sentimenti indecifrabili dell’anima umana rendono questo spettacolo un momento di alto teatro.