1 Novembre 2025

Clôture de l’amour: paradigma della realtà

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[rating=5] “Ogni storia  d’amore è diversa dall’altra …”  Niente di più falso di questa affermazione! Ogni relazione, momento condiviso o dolore segue gli stessi cliché: vissuti e narrati – con esito più o meno nobile – da altri  uomini e donne. Sofferenze che diventano paradigmi; teoremi pronti per essere seguiti o rifiutati, da coloro che vivranno le stesse esperienze… Questo è dunque il destino che da sempre accompagna l’uomo!

Pascal Rambert  – regista e direttore del parigino Théatre de Gennevilliers – racconta la fine di un amore: “Il mio lavoro è ispirato da elementi della realtà perché sono un grande ascoltatore  – spiega l’autore – Abito al primo piano di un palazzo e mi capita di sentire quello che dicono i passanti, spesso parlano di amori che finiscono. Dunque quello che ho voluto descrivere è l’idea della separazione”.

Lo spettacolo ha debuttato ad Avignone  nel 2011, vincendo il Premio della critica. Da allora lo spettacolo è in tourné (fra  Corea, Italia, Svizzera e Belgio). Per la stagione 2014  è stato allestito al Piccolo ed interpretato da dalla coppia  artistica Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi.

Cloture de l’amour … storia in itinere. Cloture è un paradigma della realtà.  Storia di una coppia, modello di altre milioni di uomini e donne in preda al travaglio della separazione. Una sorta di Adamo ed Eva cacciati dal paradiso della grazia e dei mille attimi di felicità vissuti insieme e quindi catapultati nell’inferno. Un inferno in terra; fatto di sofferenza, infiniti scontri, parole e atti velenosi rivolti -con inaudita ferocia- l’uno contro l’altro.

Clôture de l’amour

La scena è asettica e bianca: ring in cui ognuno (a turno)  sferra i colpi, attraverso frasi e luoghi comuni (a tratti grotteschi) in difesa del proprio ego. Parole contro atti fisici (spesso mancati); colpi incassati in grado di ferire e agire sul corpo di entrambi.

Nella drammaturgia di Rambert non è previsto alcuno  spazio  per il dialogo. Gli uomini hanno finito di comunicare e l’unica modalità è la logorrea: idee, sovrastrutture psico – filosofiche vomitate in un caos indistinto, caratterizzano la prosa di questo Orfeo disertore. Nettamente contrapposte alla logica cristallina di una Euridice coraggiosa e decisa  ad andare fino in fondo.

Parole in libertà. Quando ci si lascia ci si abbandona a soliloqui e argomentazioni  che – a tratti – raggiungono vette beckettiane di astrazione e comicità involontaria. La performance della coppia Della Rosa/Lazzareschi riesce, con la giusta presenza scenica, a restituire l’idea  dell’ingorgo di stati d’animo e parole che affolla la mente. Il vuoto,  angoscioso delle scene,  è rallegrato, come fuggevole raggio di sole, dalla presenza dal gruppo di piccoli cantori metropolitani.

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