L’impresario, le ragazzine e IL CONTENITORE di Camilla Cuparo al Teatro Abarico di Roma

Fino al 26 novembre 2017 per la regia cinematografica della stessa autrice.

Ben vestite, tacchi alti, pronte all’audizione presso un’agenzia di moda, pigiano il pulsante ed entrano, chi dice buongiorno: qualcuna risponde, qualcuna no, qualcuna entra e non saluta. C’è chi ha voglia di parlare ed esprime il desiderio di mangiare una pizza funghi e prosciutto per intavolare un dialogo ma, nessuna risponde. Sono ragazze ognuna sulle sue: chi non nasconde che sarebbe disposta a concedersi all’impresario per la parte: chi figlia di impresari appunto avvezzi a provinare in modo più intimo le candidate. C’è chi è incinta, chi rivela di aver provato la vasca idromassaggio al settimo piano suscitando clamore e stupore in qualcuna delle cinque ragazze in scena.

Siamo in un ascensore ma ad un tratto si blocca: è questo il momento opportuno per fare conoscenza, ma tutte e cinque agguerrite con difficoltà si sbottonano, ma l’ascensore prolunga il guasto, fino a trasformarsi appunto in un contenitore di acciaio dove pian piano le ragazze si denudano dei loro vestiti, delle loro ritrosie, delle loro ambizioni. Lentamente si svelano ed anche chi è più schiva a concedersi alla possibile concorrente, alla fine si apre. La sosta oltremodo prolungata dell’ascensore crea malori, ansia, agitazione, e chi è più aperta, più semplice, meno abbiente nasconde meno di sè e fa da apripista alle altre: si creano necessità fisiologiche e se all’ingresso erano tutte vestite ora sono tutte in reggiseno.

E man mano che la sosta si prolunga tutto si fa più intimo, anche fare pipì diventa motivo di mettersi a nudo e creare solidarietà; la rivalità si fa armonia; il distacco si fa intreccio, comune condivisione di bisogni personali, culturali, economici fino a un’ammucchiata finale cui mancano, ma non tarderanno ad arrivare i nomi delle protagoniste che si e no si conoscevano. E i corpi diventano un corpo nella logica del “contenitore” sviluppato e diretto abilmente da Camilla Cuparo e dalle sue brave attrici, sgranando fino all’estrema conseguenza un tema apparentemente indifferente, porta al teatro sociale e ai nomi Denise, Natascia, Lucia. Sempre coerente con la sua idea di cineteatro su fondali minimali neri dove a fare scena sono gli animi, la recitazione e il movimento scenico, le sensazioni difficilmente rappresentate ma endemiche di ognuno di noi. Si arriva al messaggio finale che quantunque ognuno sia diverso “tutto si ferma” perché è giusto che ogni humor in conseguenza sia crescita delle persone e dell’umanità.

L’applauso premia il lavoro e la commozione della regista-autrice nel rivelare l’impegno da ella profuso su ragazzine molto piccole ma dall’encomiabile impegno personale e dei genitori rende il pubblico in sala ancor più entusiasta e prodigo di abbracci a chiusura della scena per la regista e le protagoniste, cinque donne per la precisione.